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Immagine del redattoreAntonio Garbaccio

Startup: nuova bolla in arrivo?

Il titolo è volutamente una provocazione, e riguarda più che altro il mondo USA/Silicon Valley più che il nostro ecosistema italiano. Ma una riflessione è d'obbligo.


Ovviamente non sono un esperto né ho le competenze necessarie per fare questo tipo di valutazione, ma credo davvero che una riflessione sia obbligata. Basta infatti aprire qualsiasi sito o blog internazionale del mondo teconologia/startup per trovare notizie ormai quotidiane di round di funding non solo milionari, ma per decine e centinaia di milioni di dollari!! Questo è ormai, come dicevo soprattutto per il territorio a stelle e strisce, quasi la normalità (solo come esempio TechCrunch di oggi..)


Quello che mi chiedo però è questo: perché il modello oggi consiste in una raccolta di fondi quasi illimitata, una costante ricerca della crescita a velocità pazzesche, la sfida per accaparrarsi grandi fette di mercato a costo di lasciare soldi sul tavolo per anni, per poi fare una exit?


E’ questo il business model a cui si vuole puntare?


Soprattutto, è davvero sostenibile?


Da fuori sembra più che altro un giochino in mano gli investitori, convinti e disposti a spremere il più possibile tutte le startup del loro portfolio per raggiungere appunto un’exit importante e ripagarsi così tutti gli altri investimenti, più qualcosa.


E’ normale che un’azienda come Slack, utilizzata da migliaia di compagnie, perda oltre 130 milioni di dollari nell’ultimo anno?


Non dico che bisognerebbe tornare all’idea di business famigliare, per quanto io sia un romantico, però un po’ di ‘old school’, in cui si punta a fare pari i primi mesi, e poi man mano si sale col profitto non è, forse, più fattibile, più sana e migliore sotto molti punti di vista?


O bisognerebbe forse fare proprio un’importante distinzione tra questi due modelli, smettendo forse di idolatrare il primo e rendendosi conto che il primo è senza dubbio l’eccezione dell’eccezione e non rappresenta in alcun modo la regola?


O bisognerebbe anche parlare del livello di stress raggiunto dai giovani founder in Silicon Valley, con il tasso di suicidi che non è mai stato così alto in quella zona negli ultimi anni? O più banalmente, vivere lì a lungo diventa insostenibile sotto molti punti di vista e stiamo assistendo ad un sorta di fuggi fuggi generale verso mete altrettanto all’avanguardia tecnologicamente ma più ‘vivibili’, come Austin e LA?


O bisognerebbe far scendere un pochino dal piedistallo questa moda degli ‘entrepreneur’ a ogni costo, partita dal film Facebook in avanti anche a casa nostra?


Quando i migliori founder del mondo sconsigliano di intraprendere questa strada se non si sente proprio un bisogno interiore di fare qualcosa di proprio, di risolvere un certo problema o di dedicarcisi anima e corpo per un decade senza interessarsi o senza essere in alcun modo spinti dal desiderio economico, non bisognerebbe iniziare a porsi delle domande? (a questo link un bel video in proposito: l'intervento di Dustin Moskovitz, cofounder di Facebook e cofounder e CEO di Asana al YC Startup School).


Sono solo riflessioni a voce alta.


Come tutto, anche questo va a cicli: fra qualche anno diminuiranno i soldi ‘facili’ e si tornerà un po’ di più alla vecchia scuola, ma come dice Gary Vee, ‘Non ci vuole mica un genio a perdere soldi ogni mese ed aspettare il prossimo giro di funding’.


Inoltre uno dei punti importanti della discussione è proprio questo: ogni momento o energia utilizzata per preoccuparsi di raccogliere soldi, viene meno all’unica cosa davvero importante: parlare ed accontentare il cliente finale.


Con questo non voglio nulla togliere agli investimenti: gli investimenti sono sacrosanti e senza è difficile muoversi, soprattutto in una realtà come quella di casa nostra. Penso però che una riflessione sia sacrosanta e davvero dovuta.



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