Si tratta probabilmente della Bibbia delle startup, e la sua lettura deve essere un passaggio obbligato per ognuno di noi.
Quando mi sono finalmente deciso a leggere questo libro, erano ormai passati oltre 6 anni dalla sua pubblicazione. Ne avevo sentito parlare tantissimo, sapevo a grandi linee di cosa parlasse e soprattutto del tipo di approccio che descrivesse ma, probabilmente per pigrizia, non avevo mai avuto la voglia di approfondire veramente ed entrare nel dettaglio.Una volta iniziato però, avrei davvero voluto averlo fatto prima.
Innanzitutto inizia descrivendoti la startup come un’organizzazione fatta di persone che deve operare in condizioni di grandissima incertezza. Come dice la parola stessa si tratta, a farla breve, di un nuovo approccio, molto più ‘snello’ di quanto visto in passato, e che prende spunto dal modello giapponese della Toyota degli anni ’80.
"The only way to win is to learn faster than anyone else" - Eric Ries
I 5 pilastri su cui si basa il metodo lean sono i seguenti:
‘Entrepeneurs are everywhere’: Tradotto: chiunque può utilizzare questo metodo, dallo startup founder a chiunque lavori in un’azienda di qualunque dimensione;
'Entrepeneurship is management’: è necessario dunque di un management particolare adatto a questa situazione di grande incertezza qual è la startup; non si tratta infatti soltanto di un prodotto ma di una vera e propria, per quanto particolare, organizzazione;
‘Validated learning’: con questo concetto si intende che l’obiettivo finale di una startup deve essere quello di capire come creare un business sostenibile, e non soltanto trasformare l’idea in un prodotto o servire i propri clienti; e questo si può imparare tramite continui esperimenti e test condotti in maniera quasi scientifica;
Ciclo ‘Build-Measure-Learn’: questo insieme al precedente rappresenta il concetto probabilmente più importante di questa teoria; il ciclo deve essere dall'idea al prodotto, misurazione della risposta del mercato, imparare da questo, e capire se cambiare approccio o continuare per la medesima strada (pivot or persevere);
‘Innovation accounting’: non tutto è divertente, anzi, come sottolinea l’autore, le startup spesso falliscono perché non dedicano la giusta importanza e il conseguente tempo alle cose noiose: come misurare i progressi, come settare le milestone e come dare la giusta priorità al lavoro.
Altro concetto importante che l’autore sottolinea nel libro è il seguente: spesso ci si concentra fin troppo sul prodotto e si perde di vista la visione d’insieme e tutto il resto. Continua infatti dicendo come il prodotto cambia costantemente durante il continuo processo di ottimizzazione, mentre meno spesso cambia la strategia, anche se come abbiamo visto può accadere (pivot or persevere). In ultimo quasi mai cambia la visione iniziale verso dove si vuole arrivare.
Le 4 domande che ogni startup si dovrebbe porre sono poi le seguenti:
-Innanzitutto i potenziali clienti/consumatori sono consapevoli di avere il problema che noi stiamo cercando di risolvere?
-Se ci fosse una soluzione, sarebbero disponibili a comprarla?
-Se si, la comprerebbero da noi?
-Siamo in grado di costruire/offrire la soluzione a quel problema?
"We must learn what customers really want, not what they say they want or what we think they should want" - Eric Ries
Tornando al ciclo Build-Measure-Learn: l’idea principale è minimizzare il tempo totale del ciclo stesso. Se ricordate infatti l’obiettivo ultimo è il ‘validated learning’. Si inizia creando il più velocemente possibile un prodotto, non perfetto, non completo, ma il minimo indispensabile da poter introdurre sul mercato e iniziare così la fase di misurazione. Questo non è altro che il famoso minimum viable product (o MVP), cioè come detto il prodotto che ti permetterà di fare un giro completo di Build-Measure-Learn con il minimo sforzo possibile e il minimo investimento possibile di tempo di sviluppo e creazione.
A questo punto entriamo nella fase di misurazione, dove bisogna cercare di capire se gli sforzi fatti nello sviluppo del prodotto stiano o meno portando a progressi reali. Per questa fase l’autore consiglia il metodo ‘innovation accounting’, un metodo quantitativo che permette di capire se gli sforzi stiano portando frutti attraverso le cosiddette ‘learning milestones’, utili a misurare i progressi in maniera accurata ed obiettiva. Tutto questo per evitare di misurare i nostri progressi in maniera inesatta e pensare di stare crescendo, migliorando, aumentando il nostro bacino di utenti, quando non è invece su questi parametri che dovremmo basarci (vanity metrics).
Infine, la domanda più difficile, bisogna cioè decidere se perseverare o ‘pivot’, e cioè cambiare strategia. Nel libro vengono elencati diversi tipi di pivot: cambio di target di clientela, cambio di bisogno della clientela, cambio di architettura, di tecnologia, di piattaforma e via dicendo. L’enorme vantaggio di tenere questo ciclo il più breve possibile è il fatto che permette di capire quando è il momento di cambiare piuttosto presto, permettendo dunque di risparmiare tempo e denaro.
Un capitolo intero è dedicato poi alle migliori metriche per misurare la crescita quando acquisiamo nuovi clienti e ci spostiamo in nuovi mercati. Spiega nel dettaglio le diverse metriche appunto a seconda del tipo di crescita che caratterizza la startup. Una delle parti finali del libro parla invece della crescita vera e propria (growth): in particolare si concentra sulla cosiddetta crescita sostenibile, cioè quella per la quale nuovi clienti derivano da azioni di passati clienti. Questo può avvenire ad esempio con il passaparola, come effetto collaterale all’utilizzo del prodotto, attraverso pubblicità a pagamento oppure attraverso l’utilizzo o l’acquisto ripetuto nel tempo.
"New customers come from the action of past customers" - Eric Ries
Grande spazio viene anche dedicato ad una teoria particolare ma che sicuramente ha del vero: dice infatti come ogni apparente problema tecnico sia in realtà un problema ‘umano’. Basta chiedersi il perché di quanto accaduto per 5 volte (andando sempre più in profondità e nel dettaglio) per trovare la risposta, cioè il problema umano.
Interessantissima la proposta che viene fatta a fine libro, per quanto provocatoria. Eric Ries propone infatti di creare un mercato azionario long-tem: sostiene infatti che il principale motivo della fatica delle grosse aziende ad investire in maniera costante in innovazione sia dovuto all’eccessiva pressione verso gli obiettivi di breve periodo, gli azionisti e i target di crescita. Il nuovo mercato da lui proposto quindi permette di comprare e vendere azioni di aziende che sostengono il pensiero di lungo periodo. Oltre ai report sui profitti infatti queste aziende dovranno creare dei report basati sull’innovation accounting prima descritto per quanto riguarda i loro sforzi innovativi (ad esempio sui margini generati da prodotti che non esistevano pochi anni prima). Il trading di queste azioni dovrà necessariamente avere costi molto elevati per singola transazione per minimizzare al massimo la compravendita giornaliera. In cambio queste aziende potranno essere strutturate per facilitare gli investimenti e le decisioni per il lungo periodo. Inoltre la trasparenza permetterà di avere a disposizione numerosissimi dati validi su come aumentare l’innovazione nel mondo reale. Qualcosa del genere potrebbe creare la nuova generazione di aziende costruite fin dall’inizio sull’innovazione continua.
Nel corso del libro vengono fatti numerosissimi esempi di aziende e startup reali: da IMVU, social network dove i membri utilizzano avatar 3D per conoscere nuove persone, cofondato dallo stesso Ries, a Zappos e Intuit, oltre a molte altre, tutto per sostenere le sue tesi.
Ovviamente questi sono solo alcuni passaggi, e penso che per davvero chiunque voglia fare startup sia una lettura obbligata.
Buona lettura! Condividete e commentate
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