Il sottotitolo cita: ' Tempi duri per i collocamenti azionari a Wall Street. Vuoi per i valori azionari generalmente considerati alti, vuoi per i timori per gli affanni dell'economia aggravati da irrisolte guerre commerciali, vuoi per lo spettro di un impeachment del Presidente le Ipo si scontrano con nuove ondate di scetticismo'
Qualche mese fa ho pubblicato un pezzo nel quale in maniera provocatoria parlavo di una fantomatica nuova bolla in arrivo per le startup (potete trovare il pezzo qui).
In realtà mi riferivo soprattutto al fatto che ormai nel mondo tech, ed in particolare negli States, il modello più diffuso è sopravvivere fino al giro successivo di funding, fino ad accumulare milioni di utenti, e fare exit.
Adesso invece che l’exit c’è più la questione IPO, la quotazione in borsa o initial public offering, soprattutto per le più grosse, ma di fatto poco cambia.
Quando ho scoperto che Slack, software aziendale che sta spopolando negli ultimi anni e usato da migliaia e migliaia di aziende, nel 2018 perde oltre 130 milioni di dollari, ho iniziato a farmi delle domande.
Ho trovato pochi giorni fa questo articolo sul Sole24ore online di Marco Valsania (data di pubblicazione 27 settembre), dove appunto si facevano delle riflessioni su questo argomento, o più che altro sulle difficoltà delle recenti IPO di grandi società tech, più che sulla questione bolla o modello, sul quale mi fisso io.
In realtà si cercano proprio di esaminare le motivazioni dietro questi recenti 'fallimenti' nelle prime giornate o addirittura alcuni casi di rinuncia in extremis alla quotazione. E, fra i tanti motivi citati, uno è sicuramente i valori azionari considerati spesso troppo alti.
Comunque, a differenza di quanto pensassi, Slack di cui parlavo sopra non è in alcun modo di un caso isolato. Così valeva anche per Dropbox, Wework, e anche Uber! Si, Uber, che nella recente IPO è stata valutata 75 miliardi di dollari, ben lontana dai 120 ai quali puntava solo dodici mesi prima.
Wework è un altro esempio, che non è nemmeno riuscito ad arrivare alla quotazione con un rinvio in extremis, licenziamenti previsti di migliaia di dipendenti e una valutazione che sarà sicuramente ben lontana dai 47 miliardi di cui si parlava fino a poche settimane fa.
O ancora Endeavor, colosso di talent agencies e media, e proprietaria tra le altre cose di UFC, ha allo stesso modo rinunciato al suo Initial Public Offering all’ultimo minuto.
Peloton, società che crea cyclette e tapis-roulant tecnologici e connessi, creando così community da migliaia di persone, è l’ultima vittima di una IPO a dir poco fallimentare: giornata di apertura perdendo oltre l’11%, solo pochi giorni fa.
Se ci fermiamo solo un attimo a riflettere, ci sembra normale valuatare decine di miliardi imprese, bellissime, innovative e con molti clienti sicuramente, ma pur sempre imprese che perdono decine se non centinaia di milioni di dollari l’anno? Io non so se sia normale o meno, non ho l’esperienza e le competenza per dirlo, ma sono convinto comunque che ci sia da riflettere.
Come dissi qualche mese fa: nuova bolla in arrivo?
Buona lettura
A presto
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